Nella mia vita professionale di psichiatra ho sentito fare discorsi intrugliati, contorti, fantastici, inverosimili, bugiardi, terribili, divertenti. Molti si sono persi nella mia memoria, qualcuno è rimasto vivo, i più ogni tanto riaffiorano saltuariamente in occasione di uno stimolo che li richiami.
La lettura di un articolo delle scienze, periodico mensile traduzione in italiano di scientific american USA, dal titolo “Il big bang della vita” del settembre 2019, ed ancor più la recente notizia della scoperta di un buco nero massiccio nella via lattea a quindicimila anni luce di distanza, hanno riportato alla mia mente il fantasioso racconto che un vecchio paziente ebbe a farmi tanti anni fa.
Il paziente ebbe a raccontarmi che mentre ascoltava un’aria dell’opera lorica il Trovatore di Giuseppe Verdi, coinvolto da quella musica meravigliosa, fu assalito da una commozione profonda che nasceva da un sentimento di nostalgia violento per un mondo lontano dal quale sentiva di provenire. Gli venne alla mente in modo chiaro un numero: quel mondo era esistito 750 milioni di anni prima. La commozione lo spinse ad un pianto dirotto, malinconico, catartico.
Il racconto si fece più interessante quando il paziente dispiegò l’intero suo sentire.
Era riaffiorato alla sua mente il ricordo di un pianeta, in un angolo remoto dell’universo, illuminato di due piccoli soli, sul quale vivevano i suoi progenitori, una civiltà evoluta che aveva deciso e scelto l’armonia con la natura, la bellezza e l’amore per le scienze quali cardini fondamentali della propria esistenza.
Figli di un’unica madre matrice, avevano superato ogni barriera che li potesse differenziare e separare, ed affrontavano la loro lunga esistenza sereni e felici.
Ma un terribile giorno si resero conto che un buco nero massiccio avanzava veloce verso il loro sistema bisolare e che avrebbe lo avrebbe inglobato in tempi brevi. Ogni cosa sarebbe stat distrutta e nulla della loro civiltà si sarebbe salvato. Decisero allora di costruire una sonda spaziale che avrebbero lanciato nell’universo utilizzando la fionda gravitazionale dello stesso buco nero. Nella sonda sarebbero state allocate tutte le informazioni che la civiltà possedeva, inserite in innumerevoli filamenti di DNA, filamenti che avrebbero potuto, in condizioni opportune, dare origine a nuova vita.
Il racconto era sicuramente accattivante, ma allora non ebbi alcun dubbio a classificarlo come pura fantasia.
La seduta seguente non ricordava nulla di quanto mi aveva riportato qualche giorno prima.
Oggi però leggo sulle Scienze, che dopo un sonno durato tre miliardi e mezzo di anni, periodo nel quale le uniche forme di vita sono state qualche organismo a corpo molle ed una manciata di conchiglie, sulla terra, improvvisamente circa 541 milioni di anni fa, nell’era detta cambriana, si produsse improvvisamente una profusione di nuove forme tra le quali si contano anche molti degli antenati dei maggiori gruppi di animali di oggi. Una inseminazione piovuta dal cielo?
E’ di queste ultime settimane la scoperta di un buco nero supermassiccio a 15,000 anni luce di distanza da noi, distanza che una sonda spaziale vagante nello spazio universale può facilmente percorrere in 200 milioni di anni, mi ha fatto venire in mente che quel racconto tanto fantasioso trovava una qualche conferma.
Due indizi in fanno una prova, ne manca un terzo che potrebbe venire dall’esame genetico di un qualche essere alieno capitato per caso sulla terra: la presenza di un DNA simile al nostro sarebbe il terzo indizio che confermerebbe il racconto e spiegherebbe tante cose a noi oggi incomprensibili.